UNA GUIDA PER IL CERVELLO
(gennaio-marzo 2001)
di
Michele Trimarchi
Non è il pensiero che ci rende uomini,
ma la capacità di guidare il pensiero nel tempo e nello spazio
alla ricerca di tutto ciò che arricchisce il nostro Spirito.
Sono molti anni, e dovremmo essere ormai esausti, che cerchiamo di far comprendere alle istituzioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, che i loro metodi “educativi” non funzionano poiché si basano su una metodologia che vìola i diritti fondamentali dell’essere umano: il diritto alla vita, alla libertà, alla giustizia, all’amore. Tali violazioni producono nei cervelli devianze e disagio di vario genere, le cui conseguenze sono visibili a tutti.
Una ventina d’anni fa, quando già segnalavamo scientificamente le ragioni delle devianze giovanili e i pericoli a cui si andava incontro, qualcuno ci disse che facevamo “terrorismo psicologico”. Ma di fatto la situazione peggiora ogni giorno di più e l’arroganza del potere del ruolo continua a dominare, violando totalmente quella dignità e verità che nasce nell’essere umano e chiede giustizia.
Perfino i tragici fatti di Novi Ligure, e purtroppo numerosi altri, possono configurarsi in una difesa estrema della propria pseudo-libertà, i cui meccanismi vanno ricercati nelle funzioni cerebrali superiori: è accertato che l’innamoramento, ad esempio, può produrre all’interno del cervello stati di “drogaggio” paragonabili agli effetti di droghe vere e proprie. Pertanto si può arrivare a commettere “crimini” sia per avere la dose, sia per conservare lo status di dipendenza nei confronti dell’oggetto dell’innamoramento o dell’attaccamento. L’individuo, in queste condizioni, è totalmente “schiavo” e per soddisfare le proprie “esigenze” può mettere in atto qualsiasi azione con strategie – diverse a seconda dello sviluppo di personalità – spesso fornite da immagini di videogiochi, film e programmi televisivi che irrompono nelle case e nelle famiglie.
Per inciso, qualsiasi forma di dipendenza mette a rischio la personalità dell’individuo e lo porta a difendere l’oggetto della propria dipendenza come fosse la difesa della propria libertà e delle pseudo-ragioni della propria vita.
In tali situazioni la persona (di qualunque età sia) non sente ragioni e non accetta alcuna intromissione dall’esterno a meno che non venga imposta, ma per imporre occorre esercitare un potere che nega a priori la verità dei diritti fondamentali della persona.
È dunque come un serpente che si morde la coda. Il potere senza conoscenza e saggezza sta distruggendo la vita in ogni sua forma, e la vita presente in tutto ciò che ci circonda si ribella e aggredisce.
L’amore dei genitori non basta qualora minacci o offenda, benché in piena buona fede, la libertà e l’amore dei figli: ogni essere fin dalla nascita cerca il rispetto della propria dignità, si ribella alle imposizioni e desidera comprendere le ragioni per cui troppo spesso non si tiene conto delle sue emozioni, sofferenze, rifiuti, aspirazioni…
Le risposte agli interrogativi che i giovani si pongono fin da bambini sono troppo spesso evasive, prive di energia vitale e di amore, e diventano imposizioni, costrizioni, limitazioni, sacrifici che nessuno, neanche il neonato, può più accettare. Alla violenza e all’imposizione si risponde o con il rifiuto e l’aggressività, e in questo caso la “colpa” viene fatta ricadere su chi si ribella a quel potere o a quel ruolo che non rispetta la Vita, oppure con la fuga mentale per rifugiarsi in situazioni extrafamiliari che possono essere molto pericolose poiché spesso appartengono al mondo delle devianze giovanili, delle dissociazioni schizofreniche e di psicopatologie di varia natura.
Su questa strada la situazione non può che peggiorare e le ragioni, in parte specificate, risiedono principalmente in una mancanza di conoscenze capaci di formare gli educatori (genitori, insegnanti, formatori…). È per questo che stiamo spiegando, nei nostri Corsi sui fondamenti dei diritti umani e sulla psicologia dell’educazione, la sostanziale differenza che esiste tra educazione e istruzione: l’educazione richiede un metodo scientifico capace di far sviluppare la coscienza, l’istruzione deve offrire gli strumenti alla coscienza per esprimersi e comunicare.
Basterebbe questo per “rivoluzionare” il mondo, per sviluppare sistemi realmente educativi e prevenire il disagio, i conflitti familiari e sociali, per creare una coscienza capace di guidare la persona sulla base di quei valori universali che a livello biologico sono presenti già alla nascita e che l’educatore deve sempre e comunque favorire nella loro espressione. Altrimenti si ha la ribellione, poiché essa è una risposta fisiologica a tutto ciò che vìola le pulsioni della Vita.
Certo è difficile guadagnarsi la fiducia degli altri senza l’amore legato al potere della conoscenza. È molto più facile usare il ruolo come mezzo di potere per imporre agli altri il rispetto. Ma è giusto rispettare il potere se questo si impone con violenza, ricatti, punizioni e repressioni invece che adempiere alla propria funzione di servizio alla piena realizzazione dell’essere umano?
L’ubbidienza motivata dalla fiducia può anche essere utile all’evoluzione della persona, ma non si può pretendere ubbidienza senza fiducia poiché ciò diventa violenza e tirannia del potere, e non fa evolvere nessuno.
Positivizzare le esperienze negative significa educare e promuovere consapevolezza e responsabilità delle proprie azioni. Colpevolizzare e punire significa aumentare la rabbia, l’aggressività, le strategie per difendersi da tutto ciò che non si riconosce giusto.
Interrompere questo circolo vizioso è principalmente compito delle istituzioni, dove l’imperativo deve essere innanzitutto il rispetto della dignità della persona. Solo attraverso l’educazione è possibile produrre coscienza e responsabilità, creando donne e uomini nuovi in grado di dar vita ad una società dove non serve la violenza per risolvere i problemi poiché ognuno deve imparare ad ubbidire alla propria coscienza, la quale deve nutrirsi di quei valori in cui tutti sostanzialmente ci riconosciamo.