LA SOFFERENZA DI UNA MADRE
(ottobre-dicembre 1997)
di
Michele Trimarchi
«Sono la mamma di un bimbo con handicap. Leggo con interesse gli articoli sulla riabilitazione e credo di aver imparato sia a conoscere di più mio figlio sia a capire ciò di cui ha bisogno.
È molto difficile vivere serenamente i problemi quotidiani di un figlio con handicap, il suo presente e il suo futuro, benché sia possibile; ritengo invece quasi impossibile accettare con serenità il “perché?”, “perché proprio a lui?”, anche se ormai ho capito l’importanza di “positivizzare” le esperienze brutte, di offrire serenità al proprio bambino come garanzia della sua stessa serenità. Ma è veramente difficile...»
Un bimbo è sempre un bimbo indipendentemente dal suo stato di benessere o di malessere, ovvero è un progetto meraviglioso che nell’arco della vita dovrebbe esprimersi e realizzarsi.
L’amore di una mamma per un bambino non può e non deve essere alterato da “handicap” o da disturbi di vario genere, poiché nessun trattato di pedagogia o di neuropsichiatria infantile descrive i confini entro cui l’amore può esprimersi. Sarebbe come voler definire i limiti dell’amore del Creatore.
Se poi vogliamo entrare nello specifico e parlare degli handicap - fisici, psichici e spirituali - che gli esseri umani presentano, allora sono pronto ad affermare che non conosco essere umano su questo nostro pianeta che non ne abbia. Per converso, dopo aver studiato numerosi casi con scienza e coscienza, ho compreso che molti handicap sensibilizzano le persone ad amare, a scoprire l’amore, a scoprire il vero senso della vita, e per rispondere al suo interrogativo «perché proprio a lui?» potrei ipotizzare che proprio lei e il suo bimbo potreste essere tra coloro che possono sentire, dimostrare e testimoniare l’amore del Creatore.
Per troppo tempo è stata data importanza agli aspetti superficiali dell’essere umano, trascurando quei valori che ci rendono degni di costruire una storia che ognuno dovrebbe imparare a leggere. Tali valori sono alla portata di tutti, ma sconosciuti ai più: la capacità di amare, ad esempio, ed esprimere l’amore di fronte all’odio, all’egoismo, all’arroganza, alla banalità e alla superficialità.
L’amore non è una merce di scambio, è una conquista personale di cui la coscienza dovrebbe essere l’espressione nel tempo e nello spazio.
Si guardi intorno e capirà che siamo molto lontani dall’aver realizzato tale tipo di coscienza e finché ciò non accadrà la sofferenza continuerà a dilagare in ogni direzione, poiché essa sensibilizza e indirizza la crescita e l’evoluzione di ogni persona verso una umanità sensibile alla ricerca e all’espressione dell’amore.
Avere un corpo perfetto non è il fine della vita, poiché esso è destinato a invecchiare e morire. Ciò che veramente è importante è la formazione di una coscienza che elimini la concezione della morte come la fine della vita e consideri la vita stessa come un insieme di momenti capaci di arricchire sempre più l’Io cosciente per condurlo verso l’Infinito.
Per concludere, posso consigliare a tutti i genitori con bimbi portatori di handicap che il “farmaco” ideale per curarli è la serenità, ed è innanzitutto quella che occorre avere, ricercando negli “esperti” tutti quei consigli utili alla riabilitazione che la famiglia può attuare. Gli handicap di oggi possono non essere quelli di domani, in quanto il cervello, sotto potenti stimoli adeguati alle circostanze, si modifica, si educa e risolve molti problemi. La disperazione può aiutare nella ricerca ma non nella soluzione, e gli handicap potrebbero non essere fondamentali ai fini di una sostanziale crescita del vostro bambino.
Liberate i bambini e voi stessi dalle ansie e dalle paure, poiché sono esse le cause principali di varie forme di handicap. In tal modo farete allo stesso tempo prevenzione e cura di qualsiasi forma di patologia, fisica e mentale.