dna cervello coscienza consapevolezza educazione
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International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

 

 

 

 

 

POTENZIALMENTE SIAMO TUTTI “RAZZISTI”

(gennaio-febbraio 1990)

 di

 

Michele Trimarchi

 

Le neuroscienze sono oggi in grado di spiegare i meccanismi genetici e psicologici che sottostanno al razzismo. Noi e il diverso da noi: in cosa consiste la diversità degli altri? La fisiologia umana non ha mai dimostrato che le differenze fisico-chimiche della pelle siano elementi di superiorità o di inferiorità delle razze. Allora da dove nasce la legittimazione del razzismo e della discriminazione in generale? Come mai la coscienza dello Stato non è in grado di risolvere questi problemi? In cosa consiste il processo di formazione del cittadino?

È lo Stato che forma i cittadini. Ma che “razza” di cittadini abbiamo creato? Una teppaglia di trenta persone pronte ad uccidere un ragazzo che ha la “colpa” di essere di un altro paese, persone pronte ad aggredire un tifoso di una squadra di calcio diversa dalla propria o un militante di un partito politico diverso dal proprio. È evidente che non si tratta di un problema di razzismo, ma dell’eliminazione del diverso, soprattutto di un diverso che dà fastidio, che costringe a pensare o che invade uno spazio di cui ci sentiamo proprietari.

La “semplicità” delle funzioni del nostro cervello è diventata “complessità” attraverso le elucubrazioni mentali di alcuni pseudo-studiosi che consentono ai media di sfornare miti e ideologie là dove esiste solo devianza comportamentale e frustrazioni represse, acquisite sin dalla nascita a causa della “violenza” di informazioni sfrenate che penetrano nel cervello dell’essere umano. Diventa quasi godimento il pestaggio di un individuo, poiché questi è il capro espiatorio delle cariche aggressive accumulate. Il lento e graduale accumulo di tali cariche inizia fin dalla nascita, quando il bambino subisce le prime imposizioni alle quali tenta di ribellarsi senza riuscirvi. Eppure c’è ancora chi crede che il metodo del bastone e la carota, del premio e della punizione sia quello corretto per formare i cittadini. No! Questo metodo non funziona più e l’essere umano esplode di rabbia, non accetta più imposizioni o ricatti né dai genitori né dalla scuola né tanto meno dallo Stato. La coercizione non funziona e soprattutto non educa.

Dobbiamo quindi riflettere su tutto questo per responsabilizzare le istituzioni, la funzione pubblica e il cittadino. È necessario rinnovare la scuola nei suoi fondamenti educativi, è necessario educare l’individuo al rispetto di sé e dell’ambiente, alla socializzazione, alla prevenzione sanitaria, formandolo con informazioni utili alla comprensione del suo essere in divenire all’interno di una società in cui egli stesso deve poter prendere parte attiva. Una trasformazione, dunque, necessaria, che porti i giovani a capire le motivazioni dell’attuale disastro ecologico e sociale da cui essi stessi devono tentare di uscire, abbandonando quelle aspettative teoriche che in concreto non trovano rispondenza nei fatti. È il cervello quindi che, sottoposto ad un bombardamento sfrenato di informazioni eterogenee, risponde all’ambiente amplificando lo squilibrio sociale.

Sono queste le premesse evolutive della società del 2000 a cui bisogna far fronte. La soluzione del problema si può trovare in un “modello politico” il cui unico ideale deve essere la centralità dell’Uomo nel suo divenire psicofisico e spirituale. Con scienza e coscienza è ancora possibile evitare il lento suicidio degli abitanti del pianeta Terra.