UN PO’ DI LUCE SUL “MALE OSCURO”
(gennaio-marzo 1995)
di
Michele Trimarchi
Ho trattato di recente un caso di depressione grave “curato” per circa dieci anni da un noto psichiatra italiano il quale afferma tutt’ora, insieme ad altri, che la depressione è una malattia come tante che si cura «nell’80% dei casi con i farmaci e nel 20% con l’elettroshock».
M.P. è uno dei tanti casi di depressione grave che si è sottoposto alla sua terapia. Tra antidepressivi, antiepilettici ed elettroshock credo abbia provato tutto quel che c’era da provare, tranne una psicoterapia ad orientamento neuropsicofisiologico (NPF). Questo tipo di psicoterapia – basata sulla Neuropsicofisiologia, disciplina da noi fondata che consente lo studio dell’anatomia e della fisiologia della coscienza – si avvale di un metodo scientifico integrato che riunisce discipline come la neurologia, la neurochimica, l’elettrofisiologia, la psicologia e la psicofisiologia.
Lo psicoterapeuta NPF deve sapere innanzitutto che le informazioni che egli utilizza per la psicoterapia non sono soltanto parole, ma stimoli elettrici da modulare in ampiezza, potenza e frequenza a seconda delle esigenze bioelettriche del cervello del soggetto che riceve l’informazione-stimolo. Inoltre deve conoscere la neurofisiologia che sottostà alle funzioni superiori (corteccia cerebrale, aree associative, sistema limbico, sistema reticolare).
Due miei collaboratori (una neurologa e una psicologa clinica), dopo aver raccolto l’anamnesi del paziente, mi hanno sottoposto il caso. M.P. era in uno stato di grave confusione, con l’idea fissa del suicidio: «Non l’ho ancora fatto solo perché credo in Dio e non so cosa mi aspetta dopo un tale atto». Ho iniziato la seduta psicoterapeutica stimolando con informazioni mirate le varie aree cerebrali, attivando così positivamente vari gruppi neuronali del cervello preposti alla gratificazione; quindi ho stimolato sinergicamente gli emisferi cerebrali, offrendo alla persona la consapevolezza dello stato reale dei suoi problemi e di come affrontarli e risolverli, fornendogli istante per istante la dimostrazione pratica.
Alla fine della seduta M.P. ha potuto accertare la scomparsa della sintomatologia depressiva, al punto tale che egli stesso ha affermato di sentirsi benissimo e di non aver più bisogno di nessuno. L’ho immediatamente corretto spiegandogli la necessità di un training che lo mettesse in condizione di utilizzare la metodologia da me usata, necessaria per esercitare l’autopsicoterapia attraverso l’autofertilizzazione, l’autogratificazione, l’autostima, capacità fondamentali per il raggiungimento del benessere psicofisico e spirituale dell’essere umano.
Inoltre, dieci anni di terapie farmacologiche con antidepressivi, benzodiazepine e antiepilettici, con l’aggiunta di elettroshock, rappresentavano per il suo cervello una modificazione della struttura neurofisiologica che non poteva essere trasformata all’istante con la sospensione dei farmaci senza il rischio di subire i gravi effetti di una pericolosa “crisi di astinenza”. Occorreva dunque ridurre i farmaci lentamente, man mano che egli si sostituiva con l’atto volitivo (attivazione dei lobi frontali) all’azione degli stessi, come gli avevo dimostrato.
Paradossalmente potremmo paragonare la psicoterapia NPF all’elettroshock: mentre quest’ultimo consiste in una scarica elettrica aspecifica che “violenta” la persona che con i suoi pregi e difetti vive negli equilibri o squilibri neuronali del proprio cervello, la nostra psicoterapia stimola “elettricamente” le varie parti del cervello in modo specifico, ristabilendo gradualmente gli equilibri fisico-chimici, integrando la personalità dell’individuo e dando a quest’ultimo la patente di guida del proprio cervello, con tanti saluti al “male oscuro”!