dna cervello coscienza consapevolezza educazione
dna cervello coscienza consapevolezza educazione
International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

(ottobre-dicembre 2004)

 

Il concetto di “emozione” per l’essere umano ha un significato immenso poiché ogni individuo si sostanzia nelle proprie emozioni, ovvero nella capacità di gioire, soffrire e provare stati d’animo dalle infinite sfumature emozionali arricchendo istante per istante il proprio essere e il proprio divenire cosciente.

Per poter comprendere il significato profondo dell’emozionalità dobbiamo partire dalla fisicità della nostra struttura cerebrale, dalla fisicità delle informazioni che raggiungono il nostro cervello e dalle leggi che regolano la vita. Il nulla e il caso non esistono, ma tutto è legato al principio di causa-effetto, quindi la spiegazione di qualunque fenomeno deve nascere dall’osservazione e comprensione dei processi che sono alla base della vita: tutto è Energia.

La vita ha vari livelli di espressione, dal micro al macro, e i microsistemi obbediscono alle stesse leggi dei macrosistemi: l’unità fondamentale della vita è l’atomo, che con la perfezione del suo incessante dinamismo e delle leggi che lo regolano permette la creazione, l’esistenza e l’evoluzione di ogni forma di vita. Possiamo studiare gli intimi meccanismi che regolano il dinamismo di ogni forma di vita a condizione di rispettare la fisiologia di ciò che vogliamo studiare: o ne rispettiamo la fisiologia o non capiremo l’intelligenza dei processi che sottostanno al dinamismo della vita stessa.

Per studiare e conoscere occorre innanzitutto osservare le varie forme di vita nel loro dinamismo naturale, mettendole in relazione agli altri sistemi che ne consentono l’esistenza in una data dimensione, tempo e spazio. Quindi possiamo dire che la vita si esprime nell’armonizzazione dei sistemi, nell’ordine dinamico che esiste al loro interno e nella loro funzione evolutiva che dovremmo sempre cercare di capire in base al principio di causa-effetto.

Lo stesso discorso vale per l’essere umano: per comprenderne comportamenti, reazioni, azioni, emozioni, ansie e conflitti non possiamo osservarli separatamente (come troppo spesso ancora avviene soprattutto in campo medico e psicologico) frantumando l’unità dell’essere umano nelle sue varie manifestazioni comportamentali ed espressive, e tentare poi di capire e agire su queste singole manifestazioni senza considerare le loro interrelazioni, le cause che le generano, le variabili che incidono su di esse. L’essere umano è un perfetto macrosistema regolato dalla stessa intelligenza che regola la vita dell’atomo, un’intelligenza evolutiva che spinge all’armonizzazione con se stessi e con il mondo circostante, alla comunicazione, allo scambio di energia, alla crescita, alla presa di coscienza.

Quando parliamo dell’essere umano il discorso si complessifica poiché siamo noi gli osservatori ed interpreti che dagli albori dell’umanità studiano il mondo circostante e il mondo che ci forma, e la conoscenza del mondo – esterno ed interno – passa attraverso la conoscenza delle nostre strutture cerebrali e di come al loro interno si sviluppa il pensiero, l’emozione, la creatività, la sofferenza, la coscienza.

Il percorso evolutivo compiuto dall’essere umano ha portato allo sviluppo di una razionalità che ha permesso di costruire un complesso sistema di comunicazione, codificazione e decodificazione di una realtà che in parte è ancora ignota, ma in questo percorso ha svolto un ruolo fondamentale l’emozionalità umana: le emozioni non sono ignote, ciascuno le vive, le sente, le percepisce e sono queste che spingono il cervello a studiare e trovare soluzioni a tutto ciò che provoca emozioni negative. L’uomo tende a evitare ciò che gli produce emozioni negative e a creare e perpetuare ciò che gli produce emozioni positive, ma questo processo finora è stato “condizionante” (sebbene comunque utile alla presa di coscienza) poiché ha spinto l’umanità a cercare di costruirsi un mondo piacevole tentando di eliminare sofferenza e dolore, senza andare a studiare il perché della sofferenza e del dolore, mentre la storia testimonia che sono proprio le emozioni negative che spingono a superare condizionamenti che paralizzano il comportamento umano e che quindi fanno evolvere il pensiero, la capacità di trovare soluzioni ai problemi e rimuovere le cause che generano dolore e sofferenza.

L’essere umano non è figlio del nulla, non è figlio del caso, non è astrazione: tutto ciò che avviene in noi risponde al principio di causa-effetto e per poterlo comprendere dobbiamo tener conto della qualità e tipologia delle interazioni e delle variabili che intervengono nella nostra esistenza e che possono alterare oppure favorire il nostro equilibrio psicofisico e spirituale. Quindi per capire le emozioni dobbiamo comprendere che noi siamo un sistema in equilibrio dinamico, con una sua organizzazione dinamica regolata da perfette leggi fisiche, chimiche e biologiche insite nel progetto del sistema stesso: qualsiasi stimolo o informazione che minaccia l’equilibrio del sistema produce emozioni negative, qualsiasi stimolo o informazione che favorisce l’espressione dinamica del sistema produce emozioni positive.

Lo studio della fisiologia umana mette in evidenza la perfezione del nostro progetto genetico: ogni stimolo proveniente dall’ambiente arriva al cervello e, a seconda del tipo di stimolo, il cervello tende a produrre una risposta adeguata affinché il sistema conservi il proprio equilibrio. Ogni stimolo, dunque, contiene in sé un’informazione ovvero una forma di energia che raggiunge il cervello e gli segnala l’andamento generale di tutte le variabili che devono essere integrate e armonizzate per permettere il perfetto funzionamento del sistema stesso. Quando però le informazioni in arrivo sono caotiche, conflittuali, stressanti, spesso il cervello non riesce più ad armonizzarle ed integrarle: l’equilibrio psicofisico viene così alterato e insorge la “patologia” come risposta fisiologica a informazioni condizionanti.

La maggior parte degli esseri umani vive ormai di stimoli condizionati che “costringono” il cervello nelle gabbie rappresentate dai condizionamenti: il cervello non riesce più a percepire e identificare la realtà obbiettiva ed oggettiva (condizione indispensabile per mantenere il proprio equilibrio psicofisico) e tutto il sistema entra in saturazione, nascono le ansie, le angosce, un malessere generalizzato fino a vere e proprie somatizzazioni organiche. Cosa fare a questo punto? Occorre innanzitutto “rieducare” l’individuo, ovvero dargli coscienza dei condizionamenti subiti e promuovere in lui un processo di liberazione da idee, modelli e sovrastrutture non utili al proprio equilibrio dinamico, alla propria crescita, alla propria realizzazione esistenziale, in sintesi, alla propria evoluzione. È dunque necessario distinguere chiaramente ciò che è oggettivo ed obiettivo da ciò che è condizionato, comprendere quali sono le esigenze evolutive della persona e quali invece le esigenze indotte da informazioni subite e mai verificate nella loro utilità per la persona stessa.

Solo acquisendo coscienza di un problema e delle cause che lo hanno originato la persona può lavorare su di sé per gestirlo, risolverlo e recuperare il proprio equilibrio psicofisico, per poi decidere e guidare la propria esistenza in base a un progetto di vita utile alla propria crescita. È un lavoro che richiede la piena consapevolezza della persona e la sua partecipazione volitiva, e certamente non è un lavoro che può essere sostituito dagli psicofarmaci, sostanze che producono vere e proprie modificazioni funzionali a livello neurofisiologico.

Nel cervello abbiamo due sistemi limbici, uno nell’emisfero destro e uno nell’emisfero sinistro, e le nostre emozioni dipendono da come i due emisferi elaborano le informazioni. Nel sistema limbico dell’emisfero destro abbiamo sempre la “fisiologia delle emozioni”, ovvero emozioni fisiologiche non condizionabili, poiché nell’emisfero destro non è possibile creare isolamento neuronale ma c’è sempre l’integrazione dell’informazione, la sua identificazione oggettiva ed obiettiva, il riconoscimento del segnale nella sua realtà fisica (armonia/disarmonia). Nel sistema limbico dell’emisfero sinistro, invece, si possono produrre emozioni condizionate, poiché l’emisfero sinistro associa un segnale a ciò che ha già memorizzato, e sulla base di tali associazioni può richiamare una pulsione fisiologica con segnali che non sono più fisiologici, esattamente come, negli esperimenti di Pavlov sul condizionamento, il suono del campanello induceva nel cane, per associazione condizionata, la risposta fisiologica della salivazione. Ciò che va tenuto presente è che a quel punto la persona non fa più differenza tra il segnale fisiologico e il segnale condizionato, e non riesce più a distinguere fra emozione fisiologica ed emozione condizionata.

L’emisfero destro percepisce e identifica la carica emozionale che un segnale trasporta, e l’emozione che ne deriva è obbiettiva ed oggettiva alla realtà del segnale stesso. L’emozione è contenuta nell’informazione in arrivo, quindi se un’informazione mi trasmette un’emozione il mio emisfero destro la misura e mi permette di percepire l’emozione stessa.

Le nostre cellule nervose nel momento in cui identificano un segnale ne misurano la frequenza, le componenti che lo formano, la quantità di energia trasportata, le caratteristiche fisiche totali del segnale: il nostro cervello è un misuratore perfetto della realtà, ma nessuno ci insegna ad usarlo correttamente e creativamente, nessuno ci insegna a mantenere integrato il lavoro che svolgono i due emisferi, mentre il compito dell’Educazione dovrebbe essere proprio quello di dare coscienza all’individuo delle proprie immense potenzialità e sviluppare il proprio Io, unico ed irripetibile, con cui gestire ed utilizzare al meglio questo perfetto strumento che è il cervello. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, il nostro Io non lo usiamo proprio, altrimenti saremmo in grado di decidere, in piena coscienza e consapevolezza, tutto ciò che avviene dentro e fuori di noi, saremmo in grado di progettare ogni cosa che dipende da noi, ogni parola, ogni azione, ogni discorso, ogni movimento, saremmo coscienti e consapevoli attimo per attimo di ciò che viviamo, in quale ambiente siamo, che tipo di segnali ci sono, e saremmo in grado di rilevare l’armonia o la disarmonia di un ambiente e creare azioni per trasformare la disarmonia in armonia.

Solo nel momento in cui scopriamo e ci identifichiamo nel nostro Io possiamo agire coscientemente e consapevolmente e creare, in noi e intorno a noi, l’ambiente che desideriamo e riteniamo utile alla nostra crescita e alla nostra espressione. Tutto dipende dallo sviluppo del nostro Io. Pensate ad esempio a quanti chiamano l’architetto per farsi arredare la casa, affidandosi alle competenze e ai modelli culturali di un “esperto” senza fare ricorso alle proprie potenzialità, senza pensare che l’“architetto” della mia casa dovrei essere io, perché un altro non può capire la mia evoluzione, il mio livello di coscienza. Il mio ambiente dovrei strutturarlo e costruirmelo io secondo la mia evoluzione, cercando di affinare i miei gusti in base ad un criterio di armonia interna, ascoltando pure ogni consiglio e suggerimento ma poi verificandolo con il mio Io e non affidandomi ai modelli culturali predominanti. La cultura deve essere uno strumento per l’essere umano, non un condizionamento, ma se facciamo crescere un bambino con l’idea che si è più importanti se si ha la casa in un certo modo, se si ha la macchina di un certo tipo, se ci si veste secondo un certo stile e via dicendo, allora creiamo tutti stimoli condizionati in quel bambino e lo priviamo della possibilità di misurare la realtà nella sua obbiettività ed oggettività: vedrà solo le forme e in base a quelle si costruirà le sue idee sul mondo e su cosa vuole realizzare, ma non riuscirà a misurare la sostanza dietro alle forme… userà prevalentemente l’emisfero sinistro difendendo i condizionamenti accumulati come se fossero la verità, fino a che quell’Io genetico presente in ogni essere umano non spingerà così tanto dentro di lui per potersi cominciare ad esprimere, e in genere questo processo passa attraverso la sofferenza: è la sofferenza che permette di rompere i falsi equilibri ed aprire la strada verso la scoperta e la gestione di se stessi.

Il punto di partenza è dunque la nascita dell’Io cosciente, e per poterlo “mettere al mondo” e farlo crescere occorre una grande volontà: la volontà di mettersi in discussione e verificarsi, la volontà di inibire comportamenti automatici e aprire canali di riflessione che devono essere aperti, la volontà di correggere e trasformare tutto ciò che ci ha condizionati per recuperare la fisiologia delle nostre percezioni, sensazioni, intuizioni, emozioni. Autocritica, introspezione, verifica obbiettiva e oggettiva di ogni informazione sia interna che esterna producono evoluzione della coscienza.

La nostra fisiologia non si recupera con bacchette magiche o pillole miracolose, ma con un lavoro incessante e impegnativo su se stessi, e occorre stare molto attenti a non farsi allettare da “facili soluzioni” che soprattutto in ambito psichiatrico vengono prospettate a volte con troppa semplicità: è senz’altro utile il ricorso anche a psicofarmaci nel momento di crisi acuta per aiutare la persona a recuperare un minimo di tranquillità, ma lo psicofarmaco è uno strumento da utilizzare solo inizialmente e per un periodo di tempo circoscritto e mai deve sostituirsi alla fisiologia del processo evolutivo della presa di coscienza; occorre favorire, attraverso una corretta psicoterapia, o meglio psicoeducazione, il recupero della funzione attraverso l’eliminazione delle cause, dando forza e consapevolezza all’Io cosciente.

Ognuno di noi deve essere se stesso, deve identificare i segnali, deve avere chiarezza degli obiettivi per cui pensa, parla, agisce, senza dimenticare che lo scopo principale è quello di sfruttare l’attimo per vivere, crescere, partecipare alla vita e arricchire la propria coscienza di conoscenze utili alla propria evoluzione. Per essere se stesso l’essere umano deve liberarsi dai condizionamenti subiti sin dalla più tenera età, quei condizionamenti che lo spingono a competere, a rispondere alle aspettative degli altri, ad essere preda di rancori, invidie, gelosie, rivalse, ad annullarsi per ottenere approvazioni e gratificazioni esterne, a produrre comportamenti che nulla hanno a che vedere con i suoi bioritmi, con la sua fisiologia, con la sua evoluzione. È inevitabile che in queste condizioni nascano enormi conflitti interni con grande sofferenza, ecco perché è indispensabile imparare ad essere se stessi e recuperare una percezione obbiettiva ed oggettiva della realtà come punto di riferimento del nostro vivere sereno ed equilibrato.

È bellissimo essere protagonisti della propria esistenza, in un interscambio consapevole con gli altri: con chiunque io stia devo essere presente a me stesso e identificare chi ho davanti e le motivazioni di chi ho davanti, devo verificare se ciò che l’altro mi propone o mi dice è in sintonia con le mie esigenze e con i miei obiettivi, non posso lasciarmi trasportare da parole o idee che lì per lì sembrano piacevoli. Quindi impariamo a identificarci, a identificare gli altri e ad agire in base ad obiettivi che favoriscano la nostra crescita e la nostra espressione cosciente.

L’essere umano ha delle potenzialità immense che gli sono ancora in gran parte sconosciute: la nostra genetica è capace di riconoscere l’armonia dalla disarmonia, perché l’armonia è già contenuta nei nostri geni e nel lavoro che incessantemente svolgono. Sono i condizionamenti che limitano fortemente l’espressione delle potenzialità umane e modificano la nostra percezione fisiologica della realtà, limitando anche la nostra possibilità di percepire e produrre armonia dentro e fuori di noi.

Viviamo purtroppo in un sistema fortemente inquinato, caotico, conflittuale, spesso banale e superficiale, in cui questa possibilità di percepire e produrre armonia è veramente ridotta al minimo: pensate a quanto tempo della nostra vita è occupato da polemiche sterili, discussioni per voler avere ragione sull’altro, rivendicazioni che non tengono conto delle reali motivazioni delle parti in causa, litigi che generano cariche di rancore, odio, sofferenza, angoscia…

Quindi è urgente chiarire quello che è accaduto, quello che sta accadendo e trovare il modo di intervenire per trasformare positivamente la situazione in atto. Si può intervenire a vari livelli, ma il primo insostituibile gradino è rappresentato dal lavoro che ciascuno può fare su se stesso per acquisire coscienza di sé e diventare protagonista del proprio vivere quotidiano, della propria esistenza e della qualità della comunicazione con il mondo circostante: quando ci rivolgiamo a qualcuno dobbiamo assumerci la responsabilità di quello che comunichiamo, delle informazioni che trasmettiamo, dobbiamo essere consapevoli dello scopo per cui comunichiamo e interagiamo con gli altri, e lo scopo deve essere evolutivo, utile alla nostra crescita e, dove è possibile, a quella degli altri. Uno scopo evolutivo esclude qualsiasi forma di sfruttamento: non si può sfruttare niente e nessuno, perché così facendo neghiamo a noi stessi la nostra crescita, si può scambiare, dialogare, proporre, trasformare, ma mai sfruttare, perché nel momento in cui si sfrutta una persona e la si utilizza, si compie un danno a se stessi e alla persona stessa.

Il piacere inteso come stato di benessere interno è già un’unità di misura di ciò che può essere utile oppure dannoso. Possiamo dire che il piacere favorisce un equilibrio organico, dinamico, fisiologico di quella che è la spinta a vivere, ad esistere, e garantisce la “sopravvivenza” anche se si è bloccati mentalmente poiché rappresenta una compensazione a tutto ciò che è “dispiacere”. All’interno di una scala evolutiva il piacere ha vari livelli, il più alto dei quali è rappresentato dalla gioia, ovvero da quella sensazione interiore legata all’evoluzione spirituale della persona.

Nel considerare l’universo delle emozioni non possiamo quindi mai prescindere dall’evoluzione della persona, del suo Io cosciente, e la sede del nostro Io, il “luogo” dove noi abitiamo con il nostro Io è costituito dai lobi frontali del cervello.

L’Io può percepire e vigilare su tutti i segnali che gli arrivano perché i lobi frontali, destro e sinistro, sono sempre coinvolti nella ricezione di ogni informazione che giunge al cervello: ogni segnale arriva ai lobi frontali in modo che l’Io sia sempre informato, e bisognerebbe educare i bambini ad attivare il proprio Io nei lobi frontali, cioè a gestire il proprio il cervello, altrimenti al posto dell’Io sarà il condizionamento a stabilire il comportamento, perdendo così di vista la ragione dell’esistenza, che consiste nell’identificare la realtà nel suo dinamismo e progettare azioni utili alla propria crescita.

Nessun momento è mai uguale ad uno precedente, mentre spesso l’essere umano si perde la realtà perché fa vivere il passato nel presente, discute sul passato, su quello che è stato detto o fatto, sugli errori e le incomprensioni di ieri, e così spreca la vita perché non si dedica creativamente e costruttivamente al presente. Ogni minuto è nuovo, è unico, appartiene alla realtà presente in tutto il suo dinamismo, e vivere il presente è la conditio sine qua non per poter essere felici perché ci permette di creare e decidere della nostra esistenza, all’interno della realtà, secondo i nostri progetti evolutivi che dovrebbero spingerci sempre ad una crescita in coscienza e conoscenza. Basta con le discussioni, le polemiche, le sofferenze legate al passato: il passato è il nostro libro di storia, è l’archivio di tutto ciò che abbiamo vissuto, quindi rivisitiamolo, mettiamolo in ordine, vediamo quali sono le cose che non abbiamo capito, mettiamo tutto a posto e utilizziamo ogni nostra esperienza per decidere noi del nostro presente, creare emozioni positive nel presente e realizzare una vita come noi sentiamo giusto viverla, tenendo conto che le difficoltà, i problemi, i limiti del contingente, osservati e compresi nella loro realtà obbiettiva ed oggettiva, ci spingono a cercare soluzioni e migliorare la nostra esistenza.

In questi concetti sono contenute le chiavi della “felicità” umana, della possibilità di creare dentro di noi emozioni positive in risposta ad azioni che noi stessi progettiamo e realizziamo. L’emozione positiva generata all’interno dell’essere umano è legata alla consapevolezza della sua crescita e del suo percorso evolutivo: crescere in coscienza e conoscenza dà gioia, operare costruttivamente dà gioia, trasformare il negativo in positivo, la disarmonia in armonia dà gioia, sentirsi presenti alla propria vita con il proprio Io cosciente dà gioia, ovvero un’emozione senza fine legata all’evoluzione dello spirito umano.