dna cervello coscienza consapevolezza educazione
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International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

 

 

 

 

 

DALLA DIVISIONE ALL’UNITà

(luglio-settembre 1996)

di 

 

Michele Trimarchi

 

Tutti sappiamo che basta dire a un bambino di non fare una cosa per fargliela fare. La trasgressione, il rifiuto, le ribellioni sono sempre prodotti da informazioni o da atti che provocano comportamenti reattivi direttamente proporzionali al desiderio di libertà che nasce e vive in noi.

Le imposizioni sono energia negativa per il nostro cervello e, indipendentemente dal fatto che siano “corrette” o meno, il cervello comunque le rifiuta caricandosi come una molla pronta a scattare. Sono queste cariche a produrre nel tempo quei conflitti personali, familiari, sociali che sfociano a volte in tragedie o in scontri nazionali ed internazionali.

Dobbiamo comunque riconoscere che il conflitto ha la funzione di produrre evoluzione, poiché se da un lato è certamente una forma di competizione che offende valori come la dignità e il rispetto delle libertà fondamentali, il diritto alla vita, allo sviluppo, all’ambiente, alla salute, dall’altro lato spinge le capacità umane a produrre di più e a ricercare una superiorità che dia potere sia alla persona che al gruppo di appartenenza, alla nazione e via dicendo. In tal modo ha luogo una pseudo evoluzione sociale, nella quale vengono però violati i diritti fondamentali della persona.

C’è allora da chiedersi come mai questa forma di evoluzione abbia consentito l’esistenza di uomini saggi che hanno saputo indicare strade “positive” per il rispetto di valori che ogni essere umano racchiude in sé già dalla nascita. In altri termini, come mai parallelamente ad uno stile di vita altamente conflittuale, che al rispetto dell’uomo ha sostituito il consumismo e il profitto a tutti i costi, convive una società fatta di uomini che ricercano e professano la solidarietà e la cooperazione come stile di vita nel rispetto dei diritti fondamentali della persona? Di fatto nessuno può negare la validità dei principi universali, tanto è vero che tutti gli Stati democratici fondano la loro esistenza su tali valori.

Per comprendere questo “enigma” occorre partire dai meccanismi funzionali del cervello umano che regolano lo sviluppo del comportamento e il comportamento stesso, e la risposta risiede nelle funzioni superiori dei due emisferi cerebrali: l’emisfero destro predilige lo stile di vita indicato dagli uomini saggi, ma non ha potere, mentre l’emisfero sinistro, suo malgrado, viene gestito dal sistema impostogli dalla famiglia e dalla società. Quindi nell’emisfero destro hanno luogo tutti quei processi che favoriscono la cooperazione e la solidarietà, poiché integra sempre le informazioni diverse, mentre l’emisfero sinistro misura la realtà sulla base di quanto gli è stato imposto sin dalla nascita, imponendolo a sua volta.

Abbiamo così due mondi in noi che convivono e interagiscono continuamente, dove “il male” e “il bene” producono esperienze che nel tempo dovrebbero essere rielaborate con la guida dell’emisfero destro (attraverso sogni, intuizioni, valori) per formare poi quell’enorme ricchezza individuale che noi chiamiamo Io cosciente, saggezza, ecc.

Morale della favola, esercitando su noi stessi una valutazione critica delle nostre azioni, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, inizieremo a sviluppare una forma di cooperazione e collaborazione fra i due emisferi cerebrali che ci porterà gradualmente ad eliminare quella dissociazione tra parole, emozioni, tra pensiero e azione, che fin dalla nascita si instaura nel nostro cervello producendo una sorta di schizofrenia, che ognuno di noi suo malgrado si porta dentro, da me definita “Sindrome da disconnessione funzionale interemisferica”.