ESAMINIAMO I PROFESSORI
(maggio-giugno 1992)
di
Michele Trimarchi
Il rapporto docente-discente si fa sempre più precario. Sono molti gli studenti che prima degli esami ricorrono alle benzodiazepine per sedare l’ansia e l’angoscia. Mesi or sono una studentessa dell’Università di Roma “La Sapienza” è morta colpita da collasso cardiocircolatorio per la paura di un esame. Molti studenti abbandonano gli studi scolari e universitari perché delusi e scoraggiati dalle difficoltà delle materie impartite e dai professori.
Alcuni docenti pensano che il ruolo di professore li autorizzi a non osservare le regole più elementari di educazione. Eppure spetta al docente indirizzare lo studente verso la concretizzazione di un rapporto sereno, motivandolo e aiutandolo a superare gli ostacoli che incontra nel suo percorso scolastico.
Ebbene credo sia giunto il momento di sottoporsi ad un attento esame di coscienza, poiché se i giovani sono allo sbando (droga, criminalità giovanile, stordimenti vari, demotivazione) una buona dose di responsabilità ricade proprio sui professori che evidentemente non sanno guidare i ragazzi verso quella cultura della vita in grado di dar loro una visione responsabile del proprio ruolo all’interno della società in cui vivono: non è sufficiente la conoscenza di una materia per essere validi professori.
Le famiglie che hanno fiducia nelle istituzioni si aspettano che i propri ragazzi, che vivono i momenti formativi più importanti della loro vita nella scuola e nell’università, vengano ben “educati”. Non bastano più le minacce della bocciatura e del cattivo voto a spingere i ragazzi a studiare: sono sistemi medievali. Oggi occorre spiegare il motivo per cui devono apprendere nozioni che poco o nulla insegnano rispetto a ciò che occorre per raggiungere quei livelli di coscienza e conoscenza utili ad affrontare la vita e a superare gli ostacoli che minano alla base l’onestà, la dignità, la giustizia e la libertà sociale.
Cari colleghi, vi ricordo che ogni bocciatura è una lampante manifestazione della nostra incapacità a svolgere il ruolo cui siamo preposti. È questo il metro che ogni docente dovrebbe psicologicamente utilizzare per verificare il proprio grado di preparazione e far sì che giorno per giorno egli stesso sia discente della propria coscienza e professore di chi ancora ha bisogno di conoscere per essere e divenire.