LA VERITÀ NON È UN’OPINIONE
(aprile-giugno 2004)
di
Michele Trimarchi
Se è vero che il caso non esiste, è anche vero che dobbiamo comprendere le ragioni della sofferenza che aumenta a dismisura nelle società, nelle famiglie, in ogni essere umano.
Tutti sanno che esistono leggi codificate che regolano la vita di una società, ma pochi conoscono quelle leggi non scritte che ininterrottamente modulano l’esistenza non solo degli esseri umani ma dell’intero ecosistema. L’ignoranza vìola molto spesso tali leggi, e queste violazioni producono conflitti a livello biologico, umano e sociale, le cui conseguenze vengono vissute da tutti.
Più volte è stato detto che le cause delle sofferenze, delle malattie, dei crimini di vario genere risiedono nella non conoscenza della Vita e del suo dinamismo. L’ignoranza (ai vari livelli) consente di mantenere meccanismi cerebrali che si autodifendono perpetuando di generazione in generazione “errori” che causano infelicità.
La pesante eredità del passato continua a condizionare l’intera umanità ed impedisce il dialogo finalizzato alla ricerca della verità. La verità trasforma l’ignoranza e porta alla rimozione delle cause che generano i mali del mondo.
Ma che cos’è la verità? Come è possibile avere la certezza che sia verità?
Tutti i cervelli del mondo sono in grado di identificare la verità, ma l’eredità culturale che si riceve dalle famiglie e dalla storia altera le funzioni cerebrali impedendone il riconoscimento e la percezione, per cui sono rari i casi in cui l’essere umano identifica la realtà e la verità, mentre nella maggior parte dei casi si costruisce una pseudoverità con la quale si tenta di dominare la realtà.
Tutto ciò che esiste è in sé verità, e il cervello umano è uno strumento sofisticatissimo che può conoscere tutto ciò che esiste. Per tale ragione è dotato degli organi di senso che, con le loro caratteristiche fisiche, possono rilevare le varie forme di energia sotto forma di informazioni, le quali danno coscienza al cervello della loro presenza, della loro identità e della loro utilità come potenziamento delle risorse umane. La realtà trasportata dalle informazioni forma la coscienza, e la coscienza deve essere conoscenza del mondo che ci circonda e di noi stessi.
Sulla natura delle informazioni non dovremmo avere problemi: siamo in grado di identificarle senza andare a scuola e senza che nessuno ci insegni nulla. L’abbiamo detto: il cervello è in grado di percepire, misurare e identificare le informazioni naturali con tutti i loro contenuti emozionali.
Il problema nasce nel momento in cui inseriamo nel cervello del bambino quei codici convenzionali creati dall’evoluzione culturale dei popoli. Tali codici non sono perfetti come quelli genetici, che misurano esattamente la realtà obbiettiva ed oggettiva, ma sono artefatti e non sempre consentono di decodificare la realtà oggettiva ed obbiettiva vissuta in altri tempi e in altri spazi.
Mentre in Natura ogni esperienza utile viene tramandata per trasferimento genetico alle nuove generazioni (filogenesi), nella società umana le esperienze vengono tramandate per trasferimento culturale, che presenta però infiniti errori ed omissioni che si ripercuotono sullo sviluppo della coscienza, la quale spesso non è più conoscenza della realtà ma errori che si travestono da coscienza e si fanno difendere da meccanismi cerebrali come pseudoverità. Tali costruzioni razionali - nella maggior parte dei casi false, non reali - producono opinioni o idee che generano conflitti nel momento in cui vengono imposte e non verificate con la realtà obbiettiva ed oggettiva. Infatti la realtà viene interpretata attraverso tali codici e non identificata.
Se ciò avvenisse nei programmi dei computer, non solo questi non sarebbero utilizzabili, ma ve l’immaginate quale confusione verrebbe a crearsi? All’interno di tali programmi i codici devono codificare e decodificare esattamente le informazioni che noi vogliamo. Ciò non accade nella comunicazione umana, dove la confusione, la non chiarezza regna spesso sovrana, e la causa è sempre e comunque l’ignoranza di tali processi.
Tutto ciò è alla base della sofferenza umana, dell’odio, del rancore, delle psicopatologie e delle malattie in generale.
La verità dunque non è un’opinione, poiché le opinioni provengono dal caos culturale che si sviluppa nei cervelli fin dalla nascita. Tale caos viene protetto da meccanismi cerebrali deputati alla difesa della persona nella sua totalità. Per cui le bugie, le invidie, l’orgoglio, l’arroganza, l’aggressività, sono tutti “strumenti di difesa” della propria costruzione cerebrale.
Visto che abbiamo toccato il fondo, è necessario risalire. A tal fine occorre iniziare a cambiare completamente rotta nella comunicazione umana; occorre dare un taglio con il passato per iniziare a dar vita ad una percezione obbiettiva ed oggettiva della realtà che ci circonda e di noi stessi, e ogni essere umano deve verificare le informazioni con i loro contenuti sostanziali: ciò a livello fisico è facile, mentre a livello culturale diventa quasi impossibile poiché ogni società e ogni persona ha razionalmente strutturato modelli o idee che si autodifendono generando conflitti tra persone, gruppi, nazioni.
È dunque necessario abolire immediatamente nel proprio cervello i premi e le punizioni, il bene e il male, le colpe, e iniziare a progettare sulla realtà e nella realtà il dinamismo della propria esistenza. Premi e punizioni, bene e male, colpe sono infatti convenzioni culturali e pertanto non sono fisiologici all’evoluzione della coscienza umana, poiché producono giudizi e conflitti difficili da risolvere.
Su tali basi tutti saremo in grado di riconoscere la realtà con la sua utilità evolutiva, che è sempre ricca di sensazioni ed emozioni che possono motivare la vita di tutti in un arricchimento continuo della propria coscienza.
L’interscambio umano deve dare gioia, piacere di stare insieme e di scambiare continuamente in una forma di cooperazione la propria ricchezza percettiva, conoscitiva, umana. Occorre creare nell’interscambio il piacere di vivere, di esistere e di crescere insieme, tenendo presente che l’errore non è una colpa ma un mezzo attraverso cui l’individuo prende coscienza e migliora la propria capacità di espressione, diventando protagonista della propria esistenza: osservatore e interprete del proprio divenire sempre più consapevole e cosciente.
Non siamo nati per soffrire, altrimenti il Creatore avrebbe sbagliato tutto, ma per essere felici, ed è solo l’ignoranza che ha creato l’infelicità. Combattere l’ignoranza con la conoscenza conduce alla felicità.