dna cervello coscienza consapevolezza educazione
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International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

        FONDAMENTI TEORETICI DELL’EDUCAZIONE

 

CIVILE MILITARE

                   

                          PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE                 

DEI DIRITTI UMANI

 

 

Prof. Michele Trimarchi

 

 

 

 

 

Relazione presentata alla Conferenza Internazionale

 

Civil- Military Relations Seminar VIII – Military Ethics (III)

 

– TheProtection of Cultural Property and (Military) Leadership

 

 

NATO/PfP Symposium Seminar, National Defense Academy, Vienna, 9-11 novembre 2005

 

 

 

 

  1. Premessa

          Le Forze Armate, in uno Stato democratico, costituiscono lo “strumento di difesa” di cui lo Stato stesso si avvale per garantire e tutelare la vita del singolo e della società all’interno della nazione e all’interno dei rapporti tra le nazioni.

 

          La Legge dello Stato riconosce il diritto alla vita, che si configura concretamente nel rispetto della dignità della persona; riconosce la libertà e ne determina la legittimità e legalità in relazione all’espressione dei cittadini di una società; riconosce e garantisce l’educazione intesa come processo che permette all’individuo di prendere coscienza dei valori universali che ha in comune con tutti gli altri individui, e quindi viverli e rispettarli per sviluppare un comportamento in armonia con le leggi dello Stato.

 

 

          Sono le violazioni di tali diritti che producono comportamenti devianti attraverso i quali si sviluppa l’enorme conflittualità umana e sociale. Da ciò derivano la maggior parte dei conflitti sui quali le Forze Armate si trovano a dover intervenire con azioni finalizzate a ristabilire l’ordine nazionale ed internazionale.

 

 

        I formatori delle Forze Armate – oltre a fornire gli strumenti normativi, tecnici e pratici indispensabili ai vari gradi dell’Esercito ai fini delle svolgimento delle loro funzioni – devono poter dare coscienza agli allievi che il rispetto della vita della persona (e dei popoli) non consiste ovviamente nel rispettare azioni illegali o criminose, ma consiste nel mantenere sempre il rispetto della dignità della persona, e di un popolo, e al tempo stesso combatterne le azioni criminose fino anche all’uso delle armi.

 

 

          Combattere le azioni illegali ma non la persona o un popolo: in tale principio si afferma la centralità dello Stato e della Legge nel rispetto della dignità umana.

           Nessun crimine (in ambito nazionale o internazionale) autorizza le Forze Armate a mancare di rispetto alla persona o a un popolo nella sua globalità, ma impone loro di agire solo ed esclusivamente con tutte le azioni previste dalla Legge nl rispetto dei Diritti Umani, e le Forze Armate devono incarnare e testimoniare lo spirito della Legge.

 

 

          Sia l’educazione professionale che l’educazione civile militare devono quindi potersi avvalere di conoscenze inequivocabili sui fondamenti scientifici dei Diritti Umani: con tale preparazione e formazione le Forze Armate potranno sempre più rappresentare, a livello nazionale ed internazionale, le “sentinelle” poste a guardia della tutela e del rispetto dei Diritti Umani, dando serenità e garanzia ai cittadini e ai popoli che si riconoscono e vivono in sintonia con i Diritti fondamentali dell’Uomo.

 

 

 

  1. La responsabilità delle Istituzioni nel promuovere una democrazia fondata sui Diritti Umani.

          La tutela e la promozione dei Diritti Umani costituiscono un punto cardine di ogni società democratica e di ogni relazione internazionale finalizzata al superamento dei conflitti e al rispetto reciproco delle proprie realtà culturali, politiche, economiche, sociali.

       Compito fondamentale delle Istituzioni – governative ed intergovernative – è quello di rimuovere gli ostacoli che limitano fortemente l’attuazione dei Diritti Umani all’interno delle società democratiche.

 

 

        Se analizziamo l’evoluzione dei Diritti Umani vediamo che essa procede parallelamente all’evoluzione culturale e politica dell’umanità. Occorre quindi studiare questo processo evolutivo per poter realmente imparare dalla Storia, la quale ha ormai dimostrato che determinati “errori” generano inevitabilmente guerre e conflitti a tutti i livelli, da quello internazionale a quello interindividuale.

        Da qui l’esigenza di studiare e individuare con chiarezza quali sono i meccanismi che generano tali conflitti, considerando che ora disponiamo di strumenti concettuali e scientifici idonei a tale scopo.

 

 

            La  Neuropsicofisiologia (fondata sugli studi multidisciplinari integrati condotti da Michele Trimarchi  a partire dagli anni ’70) si propone di fornire tali strumenti innanzitutto per la formazione dei formatori e la riqualificazione delle funzioni pubbliche e private, partendo dal presupposto teoretico che l’individuo non nasce “dotato di ragione e di coscienza”, ma dotato di potenzialità e pulsioni comuni a tutto il genere umano, e gli Stati hanno il compito di garantire, principalmente attraverso l’educazione, una cultura che permetta il soddisfacimento di queste pulsioni: pulsioni di giustizia, rispetto, libertà, dignità.

 

 

            Sono questi i valori fondamentali che l’educazione deve e-ducere, per cui occorre applicare una metodologia educativa che favorisca la “scoperta” e la consapevolezza di tali valori, soprattutto dalla nascita fino alla maggiore età, poiché questa è la fase in cui l’essere umano sviluppa la propria capacità di intendere e di volere.

 

 

           Questi valori di giustizia, rispetto, libertà e dignità, potenzialmente infiniti, vengono definiti dall’evoluzione politica ed economica di una società.

          Ma a cosa servono la politica e l’economia se non a consentire che tutti godano di pari dignità e diritti, e di pari spazi di libertà?

             Chi insegna il limite tra benessere individuale e benessere sociale?

 

 

          Il benessere individuale non deve negare quello sociale, ma lo deve favorire. Tutto questo passa attraverso la presa di coscienza dei valori democratici, e a tal fine è necessario che le Istituzioni degli Stati organizzino un sistema educativo capace di favorire l’espressione di questi valori.

          Diversamente non possiamo pretendere dal cittadino che egli rispetti i diritti e le libertà fondamentali.

 

 

             Molto spesso, prima ancora di non rispettare gli altri, l’individuo non rispetta sé stesso, per cui uno dei doveri dello Stato è proprio quello di proteggere il cittadino anche contro i danni che egli può arrecare alla propria persona.  

 

 

          Riteniamo che l’evoluzione dei Diritti Umani mira a creare dei cittadini democratici che abbiano la capacità di gestire la propria vita all’interno di un sistema in cui il singolo possa cooperare con gli altri ed esprimere la propria libertà, individualità, creatività.

 

 

       La Neuropsicofisiologia ci permette di affermare che tutto ciò non è utopia, ma è il presupposto per la realizzazione di una democrazia improntata al rispetto dei valori fondamentali dei Diritti dell’Uomo.

 

 

      Per realizzare tutto ciò non possiamo più lasciare spazio all’empirismo, perché grazie all’evoluzione della scienza disponiamo di strumenti neuropsicofisiologici che ci permettono di sapere a priori quale risposta verrà evocata da un certo tipo di informazione, quale sarà il risultato di una certa azione, quali sono le condizioni di base che possono favorire o compromettere il buon funzionamento di uno Stato o delle sue Istituzioni.

          Non si può chiedere al cittadino di agire in conformità ai più alti principi democratici se prima non lo si mette in condizione di risolvere sia i problemi legati al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, sia i problemi di ordine personale e sociale; lo Stato deve quindi avvalersi di strumenti scientifici che consentano di avviare a soluzione tali problematiche e al tempo stesso di garantire un sistema educativo atto a far sviluppare, a partire dai primi anni, una capacità di intendere e di volere nel rispetto dei valori della democrazia.

 

 

          Quest’ultimo punto è fondamentale anche ai fini della prevenzione di comportamenti devianti: infatti la conoscenza di come il cervello sviluppa il comportamento permette di verificare già in un bambino il tipo di informazioni che egli ha acquisito dall’ambiente, e di individuare e correggere eventuali informazioni che in lui stanno insorgendo e che ne determineranno poi l’espressione comportamentale in età adulta in tutti i suoi ambiti: individuale, familiare, sociale, professionale.

 

 

               Occorre pertanto una metodologia educativa che sappia rispettare ed “e-ducere” i valori espressi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

 

 

               L’Educazione ai Diritti Umani non può essere una mera trasmissione di nozioni, ma deve essere uno strumento per stimolare l’individuo a sviluppare quella capacità di critica e di autocritica che permette di discernere ciò che è giusto e ciò che non lo è; lo Stato ha quindi la responsabilità di mettere la persona in condizione di sviluppare quella “ragione” e quella “coscienza” di cui parla l’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

 

 

 

  1. Relativismo culturale e “invarianze fisiologiche” legate alle pulsioni genetiche dell’essere umano.

        La Neuropsicofisiologia ci ha permesso di rilevare delle invarianze legate alle pulsioni che danno vita all’essere umano: all’interno del progetto genetico della donna e dell’uomo esistono pulsioni di base legate a quei valori che chiamiamo dignità, libertà, giustizia, amore, valori che hanno quindi una base biologica, programmata geneticamente.

 

 

         Abbiamo rilevato che non c’è un individuo sul Pianeta che non abbia la pulsione che lo spinge all’affermazione di sé, della propria dignità.

          La dignità è uguale in tutti gli essere umani, solo la sua espressione è diversa poiché dipende dalle varie culture: la multiculturalità è dunque una differenziazione nell’espressione dei medesimi valori e pulsioni.

 

 

          Non c’è popolo che non abbia cercato, attraverso vari sistemi, la trascendenza, così come non c’è popolo che non cerchi libertà, rispetto, giustizia.

          All’interno dei singoli popoli, però, questi valori sono soggetti a una codificazione non più universalmente riconosciuta, ma relativa al grado di sviluppo e di cultura dei popoli stessi.

         Qui entra in gioco il Diritto, il quale rispecchia il livello evolutivo di una data società, che deve tendere a superare i relativismi culturali per dare una codificazione universale dei valori comuni a tutti gli esseri umani.

 

 

          Questo è quanto accaduto dopo la seconda guerra mondiale, quando la grande sofferenza che ha coinvolto gran parte dell’umanità ha portato le Nazioni Unite a codificare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, i cui principi fondamentali, però, man mano che questa sofferenza andava scemando, sono rimasti confinati sulla carta ed è continuata una sperimentazione sociale, economica e politica ancora dominata dalla legge del più forte, con soprusi ed ingiustizie perpetrati ai danni degli esseri umani e dell’ambiente.

 

 

          Il Diritto dunque segue un processo evolutivo che deve mettere in grado i singoli cittadini e i singoli Stati di riconoscere la pari dignità, di acquisire libertà di espressione, di realizzare una giustizia fondata sui parametri valutativi dell’obiettività e dell’oggettività.

 

 

        La Neuropsicofisiologia ha evidenziato che il principale ostacolo a tale processo è la mancanza di una reale educazione, cioè un’educazione finalizzata a “e-ducere” le potenzialità umane e a fornire, attraverso l’istruzione, gli strumenti necessari all’espressione cosciente di tali potenzialità.

 

 

            L’attuale educazione tende a rendere “robotico” l’essere umano, poiché lo spinge ad eseguire istruzioni, ad apprendere e ripetere nozioni, ad acquisire e conformarsi a regole, ma non favorisce lo sviluppo della coscienza, non insegna a valutare e decidere le proprie azioni in base a parametri universali, per cui l’individuo si trova spesso ad essere condizionato dalla cultura senza conoscere il valore sostanziale di ciò che apprende, senza poterlo identificare obiettivamente ed oggettivamente.

 

 

          L’identificazione obiettiva ed oggettiva della realtà è la condizione di base per poter sviluppare coscienza della realtà stessa: l’identificazione oggettiva permette di rilevare l’insieme delle caratteristiche fisiche distintive di ciascun elemento della realtà percepita dai cinque sensi, l’identificazione obiettiva permette di rilevare lo scopo e la funzione di ogni elemento della realtà. 

 

 

            Tutto ciò che esiste ha una sua oggettività ed obiettività, anche l’essere umano: gli esseri umani sono oggettivamente diversi ma obiettivamente uguali, nel senso che oggettivamente ciascuno possiede caratteristiche genetiche, biologiche, somatiche che lo rendono unico e irripetibile, ma obiettivamente ogni essere umano ha un’identica finalità di vita, un identico obiettivo, quello di prendere coscienza delle proprie potenzialità e dei valori che lo informano, ed esprimerli creativamente nel corso della propria esistenza, arricchendosi di conoscenze utili all’evoluzione personale e della società in cui vive ed opera.

 

 

            L’attuale educazione, purtroppo, non promuove l’identificazione della realtà ma tende a creare condizionamenti, così come non favorisce l’interiorizzazione e l’espressione di principi astratti in comportamenti concreti, mentre solo mantenendo integrati questi due livelli – l’astratto ed il concreto, il formale e il sostanziale – si favorisce una reale presa di coscienza da parte dell’individuo sia della propria realtà che dell’ambiente esterno.

 

 

 

  1. Il ruolo dell’educazione nella formazione di una “coscienza” permeata dai Diritti Umani.

          Per realizzare il suo obiettivo primario, l’educazione deve poter alfabetizzare i fondamenti dei diritti umani che, come abbiamo detto, corrispondono ai valori di base, alle pulsioni genetiche di ogni individuo.

         I Diritti Umani devono essere “educati” (nel significato etimologico di “e-ducere”, tirar fuori) nelle coscienze, non solo trasmessi attraverso l’istruzione: il Diritto ci può istruire su quanto è stato acquisito in materia legale, normativa, giuridica e il singolo individuo dovrebbe agire all’interno della Legge rispettandola.

 

 

             Ma allora perché così spesso le Leggi vengono violate, se sono nate a garanzia del benessere di tutti?

 

 

           Tutti desideriamo essere noi stessi, amiamo la nostra dignità, la nostra libertà, però poi violiamo la dignità e la libertà degli altri e anche la nostra, esprimiamo comportamenti contrari a quella giustizia che tutti ricerchiamo: ciò accade perché noi stessi siamo stati violati fin da piccoli nei nostri diritti fondamentali e abbiamo acquisito le più svariate strategie di difesa a protezione di tali diritti, creando però il caos all’interno del cervello e nei rapporti interpersonali.

 

 

           I Diritti Umani devono dunque diventare coscienza dell’individuo attraverso l’educazione, non l’istruzione.

           Le istruzioni sono importantissime quando possono essere utilizzate dalla coscienza della persona: istruire dovrebbe significare offrire alla coscienza strumenti per esprimersi, comunicare, creare.

 

 

            Il linguaggio è uno strumento, non è coscienza: una parola in sé stessa non mi dice nulla, mentre la realtà oggettiva ed obiettiva che con quella parola indichiamo mi dice tutto perché il cervello, al di là dei codici linguistici, è in grado di cogliere e percepire la realtà oggettiva e capire l’utilità che ha.

 

          Quindi, attraverso l’istruzione possiamo fornire alla coscienza dell’individuo i vari strumenti – culturali, scientifici, tecnologici – da utilizzare ai fini di una sua più efficace espressione all’interno della società.

 

 

            Possiamo dire che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e tutta la scienza finora prodotta spiegano ciò che l’uomo dentro di sé già contiene: il cervello ha in sé tutte le potenzialità del genio, del saggio.

         La saggezza non proviene da studi metodici o da istruzioni culturali e scientifiche, ma proviene dalle esperienze dirette, dalla presa di coscienza attraverso la vita reale, il confronto reale; pensiamo a tutte le intuizioni che, sfuggendo alla logica del sapere già acquisito, hanno permesso di segnare tappe fondamentali nell’evoluzione delle conoscenze: la spiegazione di tali intuizioni è che all’interno di ogni essere umano c’è potenzialmente questa genialità, la quale però viene limitata e bloccata dal tipo di “educazione” che normalmente si impartisce.

 

 

          Nel momento in cui io istruisco un cervello dicendogli cosa deve o non deve fare, quel cervello imparerà ad eseguire le istruzioni lasciando inespresse le sue potenzialità percettive e creative.

 

 

            La vera educazione presuppone invece una sorta di “consenso informato” da parte di chi la riceve, ovvero occorre stimolare l’essere a ricercare ciò che abbiamo da trasmettergli, accertandoci che abbia interesse per ciò che gli trasmettiamo e che lo comprenda nei suoi contenuti sostanziali.

 

 

              Su tali principi deve fondarsi l’Educazione per produrre coscienza e fornire alla persona gli strumenti utili a relazionarsi con il mondo e dare creativamente il proprio contributo operativo.                 Per cui, l’istruzione deve fornire strumenti alla coscienza: trasmettiamo pure all’essere umano tute le conoscenze culturali, scientifiche, tecnologiche finora prodotte, ma nella consapevolezza che tali conoscenze non limitano la sua crescita, la sua creatività, la sua evoluzione.

 

 

       Le conoscenze giuridiche sono essenziali in quanto determinano le regole di convivenza all’interno di una società e dei rapporti fra gli Stati, e tali regole non devono essere violate, altrimenti non può esistere libertà né giustizia.

 

 

           La libertà è possibile laddove ci sia il rispetto dei limiti imposti dalla Legge, e la Legge deve garantire giustizia a tutti i cittadini.

          Quando tale garanzia viene a mancare, quando singoli cittadini, gruppi, popoli percepiscono ingiustizie e violazioni alla propria dignità e al proprio senso di giustizia, si generano conflitti, assolutismi e rivolte dalle conseguenze drammatiche.

 

 

       In tale ottica possiamo “leggere” il più grave attacco terroristico sferrato contro una superpotenza mondiale.

            La tragedia dell’ormai storico 11 settembre ha imposto all’attenzione del mondo intero un problema-chiave la cui soluzione è vitale ai fini del dialogo fra Stati e di un miglioramento qualitativo di ogni sistema culturale, sociale, religioso, politico, economico: la consapevolezza che i problemi del mondo si possono cominciare a risolvere iniziando a capire cos’è la dignità umana e cosa significa violarla.

 

 

          Violare la dignità significa scatenare l’essere umano contro chi la viola: inizialmente può anche soccombere ad un potere superiore al proprio, ma poi inventa qualunque tipo di strategia per ripristinare quella che dentro di sé ritiene “giustizia”.

             In questo senso possiamo considerare persino il terrorismo un’invenzione del cervello umano in difesa della dignità. Sembra un paradosso, eppure è una realtà governata da precisi meccanismi neuropsicofisiologici: nel momento in cui l’essere umano è convinto – a torto o a ragione – di essere nel giusto e di combattere per una “causa santa”, inventa di tutto per portare avanti la sua battaglia in difesa di quella che ritiene giustizia e dignità.

 

 

           Per stroncare alla radice ogni elucubrazione, ogni delirio, ogni crimine contro la dignità umana e la vita umana, dunque, è urgente dissipare l’ignoranza che impera sui Diritti Umani ed alfabetizzarne i fondamenti scientifici a tutti i livelli – dalla formazione scolastica alla formazione professionale – affinché i Diritti Umani possano diventare coscienza all’interno dei singoli individui e di tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali.

           

 

            Io posso rispettare i Diritti Umani solo se il mio comportamento è guidato dai valori che ne sono alla base, ma finché non li riconosco in me stesso non ne avrò coscienza, finché questi valori non diventano la mia coscienza e la mia coscienza non guida le mie azioni, non potrò né vivere né rispettare i Diritti Umani.

 

 

           Tali affermazioni sono supportate dalla Neuropsicofisiologia che, studiando la funzionalità del cervello, permette di comprendere come si sviluppa la coscienza e perché in assenza di questa l’essere umano distrugge sé stesso e gli altri, quando invece vorrebbe godere della vita, affermare la propria dignità, amare e sentirsi amato.

 

 

           Non si ha democrazia senza libertà e non si ha libertà senza coscienza e conoscenza di valori universali.

 

 

        Per tale ragione, il progetto iniziato con la proclamazione dei Decennio ONU per l’Educazione ai Diritti Umani non può e non deve essere disatteso.

           Occorre vigilare soprattutto sullo “spirito” degli uomini politici, sulla loro preparazione, sulle loro capacità di utilizzare tutti gli strumenti della politica nel massimo rispetto della dignità umana e delle libertà fondamentali.

             Occorre comprendere che le parole, in sede istituzionale, devono corrispondere a progetti da attuare e realizzare all’interno della società.

 

 

           Nessuna cultura, nessuna politica, nessun intervento militare è valido se contraddice e disattende i valori fondamentali della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ed enorme è la responsabilità della scienza e degli Stati nel formare gli operatori che, all’interno delle Istituzioni, possono realmente promuovere e tutelare i Diritti Umani nelle singole nazioni e nei rapporti fra gli Stati di tutto il mondo.