dna cervello coscienza consapevolezza educazione
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International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

Alla Corte Suprema di Cassazione, nel Palazzo di Giustizia di Roma, si è tenuto il 28 gennaio scorso, organizzato dal C.E.U., un convegno sul tema: “L’opera del giudice nella valutazione delle prove”. Nell’Aula Fioretti, gremita in ogni ordine di posti da un qualificatissimo pubblico, fra cui va ricordata la presenza dell’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini ed altre numerose autorità dello Stato, politiche, civili e militari, hanno parlato, sotto la presidenza di S.E. Mario Barba, Presidente Aggiunto della Corte Suprema di Cassazione, il dottor Alberto Virgilio, presidente di sezione della Corte Suprema di Cassazione, il dottor Severino Santiapichi, presidente della Corte di Assise di Roma e il professor Michele Trimarchi, presidente del C.E.U., neuropsicofisiologo e docente di Scienze Integrate presso l’Università di Buenos Aires. Ha pronunciato un’allocuzione conclusiva l’onorevole Giuliano Vassalli, presidente della Commissione di Giustizia del Senato della Repubblica.

Quanto sia arduo il compito del giudice, chiamato ad espletare funzioni che richiederebbero quella dote d’infallibilità non rientrante nelle prerogative umane, è stato testimoniato dal presidente Barba allorché ha affermato: “Il vero giudice non esisterà mai perché si indaga su una verità solo apparente”. Da parte sua il magistrato Virgilio ha detto al riguardo: “L’uomo per sua natura non è depositario di verità assoluta e quindi non gli si addice il compito di giudice”. Nondimeno nell’umana società la legge ha bisogno di giudici per l’improba aleatoria ricerca della verità, una ricerca nella quale le scienze integrate possono avere un ruolo importantissimo, come ha magistralmente spiegato il professor Trimarchi nel suo intervento che riportiamo qui di seguito.

 

 

Alla luce delle nostre acquisizioni scientifiche integrate soprattutto in campo neuropsicologico, siamo ormai in grado di affermare che “la logica matematica e la logica pura possono falsificare ogni cosa. E’ come dire che qualsiasi affermazione logica ha il suo contrario”.

Ciò è per noi motivo di seria preoccupazione in quanto il verbo che utilizza solo lo strumento della logica è sempre confutabile da una logica più ricca di informazioni; soltanto l’oggettività e l’obiettività possono smentire la dinamica del processo logico astratto.

L’intelligenza umana ha raggiunto ormai vette illimitate. Essa può creare situazioni astratte e farle sembrare concrete, così come situazioni concrete possono essere falsificate e rese astratte.

E’ come dire che la persona più onesta di questo mondo può essere descritta come equivoca e viceversa.

Per non parlare degli attuali metodi di alcune correnti psicologiche che riescono, con estrapolazioni arbitrarie, a mettere sullo stesso piano il genio e il mediocre. Infatti tali metodi, analitici, clinici, psicodiagnostici, ecc., non si integrano e cadono spesso nella contraddittorietà. Ben sappiamo che l’oggettività dei fatti e degli accadimenti rimane circoscritta alla spazio – temporalità degli stessi e ciò impedisce la ricostruzione logica della sua verità intrinseca in altro tempo e in altro spazio.

Quanto sopra ci spinge a riflettere su “quale valore può avere una decisione giudiziale finalizzata a rendere giustizia all’uomo ed alla società, o meglio quale responsabilità può avere il giudice nei riguardi della legge e della propria coscienza quando il suo giudizio sentenzia l’innocenza o la colpevolezza per il reato ascritto ad un essere umano, al di fuori dell’oggettività dei fatti e in un tempo – spazio totalmente diverso da quello reale.”

“La realtà costruita in un tribunale è talvolta arbitraria, riduttiva o approssimativa.” Ecco l’esigenza di una scienza dinamica che tenga conto del dinamismo degli eventi e che sia in grado di dare al legislatore ed alle strutture giudiziarie strumenti non in antitesi a quei principi di giustizia non legiferati, ma affermati dal diritto naturale, che proclamano la dignità della persona umana di fronte a tutte le leggi del mondo.

Un metodo diventato comune in tutto lo scibile umano per il raggiungimento della verità, è quello di costruire ipotesi per poi verificarne la validità. Tale metodo, ormai acquisito dalle scienze, ha impedito e impedisce tuttora l’oggettività della percezione.

L’ipotesi è uno strumento che condizione fortemente l’intelligenza umana, in quanto muove le potenzialità logiche cerebrali verso l’acquisizione di informazioni atte a comprovare l’ipotesi stessa.

Un tempo, quando i media erano il semplice quotidiano e qualche rivista che venivano letti da poche persone, il pensiero astratto era riservato agli intellettuali, alle persone colte, mentre con l’avvento della radio, della televisione e più recentemente dei video, il pensiero astratto si sviluppa in tutta la popolazione consentendo a chiunque di formulare ipotesi che in pratica, per l’eterogeneità delle informazioni non coerenti fra loro che nelle varie fasi del processo di ontogenesi dell’individuo si riversano nelle strutture cerebrali, si traducono in un decadimento del rapporto individuo/ambiente ed in una profonda alterazione della realtà.

Ipotizzare eventi non sarebbe un problema se non si inserissero dei meccanismi psicologici deputati alla difesa delle proprie idee, i quali agiscono indipendentemente dalla volontà dell’individuo. Questi fanno sì che nel confronto con altri, le idee ipotizzate divengano certezze da difendere, che scatenano conflitti che spesso conducono ad azioni inquadrabili in base al diritto positivo come reati. Se si facesse un’indagine approfondita potremmo scoprire che su cento persone almeno ottanta commettono reati che sfuggono al controllo della legge.

Il progresso tanto conclamato dalle scienze ci rende assai perplessi e ci conferma l’ottusità di uomini che per un proprio tornaconto condizionano fortemente sia l’avanzamento delle conoscenze che dell’evoluzione umana. Pochi si rendono conto che questo progresso non è altro che il “canto del cigno”: sono sufficienti pochi dati statistici, peraltro alla portata di tutti, per provarlo.

Scienza e coscienza nella valutazione delle prove è il principio che regola il comportamento del giudice nei processi civili e penali. Ma noi ci chiediamo qual è questa scienza che consente al giudice di giudicare fatti ed eventi che per essere analizzati e compresi richiedono una profonda cooperazione di tutte le scienze che portino a sintesi i risultati degli eventi stessi. Se parliamo di coscienza, poi, dobbiamo affermare che scienza e coscienza sono strettamente legate e prive di quella soggettività imperante nelle varie situazioni giudiziarie che spesso ha solo l’apparenza dell’oggettività. Questo discorso vale non solo per i giudici, ma anche per i cosiddetti esperti, chiamati a dare una valutazione tecnico – scientifica nell’ambito della giustizia. La situazione arriva al paradosso quando i consulenti tecnici pervengono a tre pareri diversi pur essendo partiti dallo stesso punto di osservazione. Ciò dimostra la “validità” degli strumenti scientifici attuali nella ricerca e valutazione delle prove.

Quanto sopra mette in evidenza che nella situazione attuale non esiste prova inconfutabile e il giudizio lascia quasi sempre l’amarezza in colui che lo subisce.

L’uomo non è stato ancora compreso appieno dalle scienze e tantomeno dalla politica, eppure lo Stato continua a spendere ingenti somme per la ricerca scientifica indirizzata verso conquiste spaziali o stellari con il beneplacito degli ignari cittadini, che subiscono le conseguenze di tanto squilibrio. Non sarebbe il caso di intensificare gli sforzi della ricerca scientifica verso un approfondimento delle problematiche umane che sono alla base dell’esistente, della vita, della giustizia e del diritto naturale? Purtroppo i Governi non chiedono nulla scienza se non risultati utili concorrenza di mercato o all’incremento del potenziale tecnologico bellico.

Questa via sta portando verso una crisi spaventosa, che si configura in una totale alterazione dei cicli biologici del nostro ecosistema e di conseguenza in una profonda minaccia per l’esistenza umana che è ben più grave degli effetti che potrebbero essere provocati da una deflagrazione nucleare. La differenza sta nel fatto che possiamo morire tutti lentamente (e questo è ciò che sta accadendo) oppure distruggerci in pochi minuti con una guerra atomica dalle conseguenze comprensibili anche ai meno informati.

Al C.E.U. stiamo studiando l’Uomo e la sua evoluzione con l’apporto di una attività multidisciplinare ed integrata. I risultati sono molto interessanti e consentono di analizzare quelle profonde lacune della conoscenza della realtà in cui si manifestano gli effetti negativi dell’azione della legge della casualità. Infatti dove viene meno la conoscenza entra in gioco la legge del caso in cui tutto può verificarsi indipendentemente dalla nostra volontà.

Eppure la fisica in qualche modo ci spiega che tutto è energia in trasformazione. La biologia subentra alla fisica per spiegare gli organismo biologici e sappiamo che tali organismi dipendono dalle leggi della fisica, per cui sarebbe facile comprendere che esiste in natura integrazione ed interdipendenza tra fisica e biologia, anzi, potremmo dire che dovrebbe essere sufficiente la fisica a spiegare la biologia. Al contrario, vediamo la maggior parte dei fisici che continua ad ipotizzare formule, dove di fatto la vita è assente. La biologia è suddivisa in circa venti specializzazioni suddivise ulteriormente in sottospecializzazioni. Questo modo di fare scienza crea a sua volta un mercato concorrenziale della scienza a scapito dell’integrazione dei risultati che dovrebbe essere l’unica via per acquisire nuove conoscenze sull’integrità psicofisica e spirituale dell’Uomo in relazione al suo ambiente interattivo.

Ogni scambio di informazioni tra l’individuo e l’ambiente è regolamentato da leggi fisiche, per cui la psicologia non può prescindere – se vuol conoscere la psiche umana – dall’elettromagnetismo, dalla fisica elettronica, dalla cibernetica, ecc.

Il giudice, non dobbiamo dimenticare, è un uomo che esercita una professione di fondamentale importanza nell’ambito dello Stato. A nostro parere egli merita rispetto e ammirazione in considerazione del fatto che con i pochi strumenti che ha a disposizione e nonostante il crescente caos fra le componenti sociali, riesce ancora a rispondere con il suo giudizio alle direttive impostegli dal diritto positivo.

La funzione del giudice implica non solo la conoscenza della legge o della norma, ma anche la capacità di indirizzarsi verso la ricostruzione dei fatti e delle prove.

Ma sappiamo che il giudice è un uomo e come tale non è scevro dall’influenza psicologica della cultura, della politica e delle problematiche economiche, umane e sociali. Per quanto si sforzi di rimanere neutrale, è inevitabile l’influenza del proprio status mentale. Le scienze integrate possono fornirgli gli strumenti di verifica della propria neutralità, dandogli la visione dell’uomo senza vestiti (in ottemperanza all’Art. 3 della Costituzione) e senza quei segni che a tutt’oggi vengono associati nel cervello umano a stereotipi di comportamento ormai consolidati da una psicologia sociale non conforme ai principi del diritto naturale.

Un altro punto che ci sembra di particolare rilevanza è quello di ricordare non solo al giudice, ma a tutti gli esseri umani, che il cervello viene fortemente condizionato dalla ripetitività di situazioni professionali o sociali nel suo processo logico – associativo, dominando il comportamento dell’individuo che lo porterà ad agire, anche nelle altre sfere interattive, - siano esse familiari o umane – in base alla prevalenza delle esperienze vissute, per cui una verifica analitica di questo processo può essere un mezzo per liberare la mente da quei meccanismi che limitano la percezione oggettiva ed obiettiva della realtà.

Lo strumento principe con il quale il giudice valuta le prove è la logica e vari studi dimostrano che essa è solo uno degli strumenti con i quali percepiamo e comunichiamo i nostri sentimenti agli altri.

La logica è una funzione che la tecnologia ha riprodotto anche nei computer e ciò dimostra che l’utilizzazione di questo strumento implica la dovuta attenzione, in quanto l’essere umano è molto più del prodotto logico fine a sé stesso. L’analisi di un evento produce un processo logico in base alla percezione associativa determinata dalla cultura e dalle esperienze vissute da chi tale processo attua, per cui ogni individuo realizza in sé dei propri filtri logici direttamente proporzionali al proprio memorizzato esperienziale neurologico.

Lo scopo che promuove tale processo indirizza la percezione, la ricerca di informazioni atte a comprovare lo scopo iniziale.

Accade spesso che l’analisi di un fatto è perfetta sul piano logico/formale, ma contrastante con l’oggettività dell’avvenimento.

Tanto è vero che nei processi civili chi promuove l’azione giudiziaria pensa sempre di ottenere la vittoria sulla controparte, in quanto organizza le proprie richieste, con l’aiuto di un legale, con prove non sempre reali, ma formalmente ineccepibili rispetto alla norma su cui si basa la richiesta.

In queste circostanze la giustizia è spesso strumento nelle mani di chi abilmente manipola la legge conscio del potere che questa offre a chi la sa usare. Chi paga è spesso non chi commette reati, bensì chi ignora gli arcani della legge. Il giudice in questi casi, infatti, non può che dare ragione a chi sa presentare documenti e fatti conformi alla legge.

La situazione diventa difficile nei casi in cui è necessario decidere sull’affidamento della prole tra coniugi separati. Se consideriamo che la separazione dei coniugi mette in evidenza una drammatica situazione in cui si verificano comportamenti abnormi, in quanto ogni essere umano nasce figlio e attraverso l’educazione dovrebbe diventare in coscienza genitore – cosa che tra l’altro non sempre accade – ci chiediamo come può il giudice stabilire chi dei due è più adatto all’affidamento, dal momento che la psicologia non ha ancora realizzato parametri oggettivi per misurare le caratteristiche peculiari che dovrebbero possedere i genitori per essere tali. E’ per questo che assistiamo a volte ai traumi provocati a bambini contesi tra i genitori come fossero oggetti senza considerare che anche in loro, a qualsiasi età, esiste una coscienza capace di esprimere al giudice il proprio pensiero in proposito. E se il giudice avesse conoscenze appropriate, potrebbe fare a meno di consulenze non sempre obiettive per le contraddizioni in cui troppo spesso incorrono le varie correnti psicologiche.

Nevrosi e fobie convivono in tutti gli esseri umani, così come la genialità e la creatività. Le nevrosi e le fobie si acquisiscono gradualmente fin dalla nascita e dipendono principalmente da una non corretta impostazione educativa determinata dal trasferimento di informazioni, da parte dei genitori e degli insegnanti, cariche di effetti nevrotici che producono di fatto fobie di vario genere: il campo neuropsichiatrico se ne conoscono ormai tante. Gli effetti fobici si producono in presenza di particolari stimoli, con alterazioni della coscienza, paure, ecc. Tale precisazione è per mettere in evidenza che l’individuo costretto a presentarsi davanti a un giudice, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad uno psicologo, un medico, ecc., può subire stimoli che attivano processi fobici con conseguente alterazione del suo comportamento naturale.

Ciò a volte cera considerazioni non veritiere rispetto alla realtà caratteriale di quell’individuo. Bisogna stare molto attenti a rilevare in queste circostanze indizi o prove di simulazione della verità. Non bisogna pensare che imputati innocenti o testimoni debbano necessariamente esprimersi come previsto dalle regole logiche formali, soprattutto in situazioni di giustizia dove è quasi una regola che l’individuo sia soggetto a fobie complesse associate ai conflitti sepolti nell’”inconscio” che riguardano fatti ed esperienze negative del passato non risolte e che scatenano, in presenza dello stimolo/apparato giudiziario, paure, inibizioni e contraddizioni. Il cervello umano ha due emisferi con i quali realizziamo la cultura, il comportamento, l’intelligenza, la creatività, ecc.

L’emisfero destro è quella parte di noi che non spingerà mai l’individuo al crimine, parla una lingua diversa da quella comunemente usata per comunicare, non ripetitivo di nozioni, integra le informazioni e risponde in base all’oggettività della percezione, ci fa sentire le sensazioni più alte, dà intuizioni, sogni, promuove la creatività, spinge alla saggezza e alla riflessione.

Il nostro emisfero sinistro è quella parte di noi che costruisce il pensiero logico – matematico, accetta nozioni, cultura, è ripetitivo, è molto simile per funzionalità al computer. Fisiologicamente queste nostre due realtà vengono attivate dalle informazioni contemporaneamente e producono, quando le informazioni lo consentono, un’attività sinergica con risposte oggettive alla realtà.

Infatti i due emisferi sono un po’ come la bilancia simbolo della giustizia, solo che in essi l’equilibrio è dinamico, in quanto l’emisfero sinistro deve rispondere, spesso a stimolo/risposta, alle informazioni adattandosi a situazioni non sempre confacenti alle funzioni dell’emisfero destro, il che crea un momentaneo squilibrio conflittuale con conseguenze comportamentali devianti.

Questi brevi cenni sulle funzioni degli emisferi cerebrali sono appena sufficienti a far comprendere che è possibile oggi appropriarsi di conoscenze utili alla comprensione dell’essere umano, per eliminare tutta quella conflittualità culturale che vede separati diritto naturale e diritto positivo. Al contrario, siamo in grado oramai di dimostrare che il diritto naturale ha un substrato biologico così come il diritto positivo e possiamo addirittura dire che la giustizia del diritto naturale è promossa dall’ambiente fisico sul nostro emisfero destro con la sua oggettività naturale.

L’emisfero destro, attraverso duecento milioni di fibre nervose (che sono le maggiori vie di comunicazione fra i due emisferi) realizza il diritto positivo nel tempo e nello spazio nell’emisfero sinistro, in codici logici da noi storicamente costruiti e trasmessi poi educativamente. I maggiori conflitti nascono nella trasmissione delle informazioni educative, che non sempre avviene con una metodologia che rispecchia le funzionalità fisiologiche di entrambi gli emisferi cerebrali.

Queste carenze conoscitive consentono il prevalere della ripetitività della nozione che, non legata al concetto ed ai principi, dà dominanza nella risposta all’emisfero sinistro, escludendo l’opera integratrice dell’emisfero destro.

Saranno necessari alcuni seminari per appropriarsi di tali conoscenze, che saranno di fondamentale importanza per i giudici nella ricerca e valutazione delle prove.

La realtà fisica del nostro ecosistema è integrata, interdipendente e dinamica, indipendentemente da quanto scienza e cultura abbiano compreso di essa.

L’evoluzione culturale dei popoli ha creato confini geografici, geopolitici, scientifici, sociali e umani, con le conseguenze che tutti conosciamo.

Il dolore e la sofferenza spingono l’uomo alla ricerca di soluzioni capaci di abolirli; la gioia è ancora nell’uomo il motore della vita.

Quando la scienza, la cultura e la politica si integreranno per creare un mondo senza confini e senza sofferenza, solo allora avremo realizzato l’antico sogno dei grandi uomini della Storia.

E questa non è un’utopia.