dna cervello coscienza consapevolezza educazione
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International Society of Neuropsychophysiology "Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza"
International Society of Neuropsychophysiology"Dal DNA il cervello, dal cervello la coscienza" 

Ormai da tempo sappiamo che le potenzialità inespresse del cervello sono enormi e che la plasticità neuronale consente una forma di evoluzione della personalità sia a livello affettivo, emozionale, che a livello creativo, intellettivo, razionale. L’azione terapeutica dello psicologo dovrebbe sempre tenere conto proprio delle potenzialità inespresse, di cui egli dovrebbe rilevare, prima d’intervenire, il livello di sviluppo globale, con un’indagine anamnestica volta a verificare quanto le pulsioni fisiologiche mantengano livelli di “normalità”.

Infatti, alla nascita la vitalità del cervello deriva dalle potenzialità di tali pulsioni. Le informazioni tattili, gustative, olfattive, uditive e poi visive creano i tratti fondamentali della personalità. Pertanto l’individuo nasce con i valori biologici filogenetici del padre e della madre e si determina psicologicamente con le informazioni familiari che dominano l’ambiente in cui egli si sviluppa.

Ciò pone in evidenza un fattore estremamente importante ai fini psicoterapeutici, ossia che i pregi e i difetti dell’ambiente familiare dominano l’individuo per tutta la vita se non intervengono fattori esterni che li modificano nella loro strutturazione.

Tendenzialmente i pregi operano positivamente sullo sviluppo della personalità, inibendo quelli che possiamo considerare difetti. Vi è quindi una continua lotta, o conflitto, all’interno del sistema cerebrale, i cui effetti possono essere rilevati a qualsiasi età.

La prevalenza, o la dominanza, di particolari caratteristiche acquisite nell’infanzia e rinforzate con le esperienze porta, nel caso in cui si riduca l’azione inibitoria degli elementi positivi di controllo, a disturbi della personalità fino al patologico. Allo stesso modo, se gli aspetti positivi trovano un sempre maggior rinforzo nell’ambiente, l’individuo tenderà ad una personalità sempre più equilibrata.

In uno dei casi da noi trattati abbiamo rilevato in un ragazzo di 20 anni le stesse caratteristiche ipocondriache rilevate tempo addietro nel nonno. Dall’indagine eseguita abbiamo scoperto che il nonno si era molto occupato del nipote in età evolutiva, passando molto tempo con lui. Molti altri casi ci hanno confermato tale tipo di “transfert”, sempre in età evolutiva, ossia nel periodo in cui il bambino sviluppa gradualmente le difese psicologiche contro stimoli negativi. In tale periodo, infatti, l’affettività con i familiari o con altre persone significative spinge all’empatia, la quale favorisce al massimo il “transfert”.

La nostra teoria di base per l’approccio psicoterapeutico è incentrata sulla persona vista negli aspetti sia filogenetici ed ontogenetici che psicologici, integrati nella dinamica di sviluppo dal concepimento alla morte.

Ogni attimo dell’esistenza è fondamentale, poiché l’individualità biologica e psicologica segue un iter evolutivo che non consente errori.

Infatti, fin dalla nascita lo sviluppo psicologico viene integrato dal sistema biologico determinando attimo per attimo una forma di conflittualità intrapersonale e con l’ambiente che l’individuo deve imparare a gestire. Ed è proprio la famiglia che, in base al proprio grado di adattamento sociale, offre gli strumenti psicologici di base per iniziare a gestire i propri conflitti sia intrapersonali che con l’ambiente. Ciò accade, ad esempio, anche per le difese immunitarie: nella prima fase di vita postnatale è la madre che fornisce al bambino gli anticorpi necessari a difendersi dagli agenti patogeni, e allo stesso tempo egli matura e sviluppa, con l’”esperienza biologica”, le proprie difese.

E’ conditio sine qua non avere le idee chiare nell’approccio terapeutico, acquisendo un quadro il più completo possibile sullo stato generale della persona e ricercando tutti quegli elementi traumatici, sia biologici che psicologici, che influenzandosi reciprocamente producono nell’evoluzione della personalità deviazioni comportamentali, stress scompensati, sintomi psicosomatici, squilibri dell’asse psiconeuroendocrinoimmunitario. Ad esempio, qualsiasi stato depressivo toglie energia al sistema in toto (metabolismo cerebrale, circolazione, sistema immunitario, ecc.). Le potenzialità dell’organismo normalmente mettono in atto difese biologiche e psicologiche di fronte a qualsiasi elemento (che ne minacci l’equilibrio), sia esso informazione o agente chimico e biologico (i quali, su piani diversi, sono sempre “informazioni”). Ma tali difese hanno dei limiti oltre i quali il sistema viene scompensato dando inizio alla vera e propria patologia. Ma anche la patologia è un “indicatore fisiologico” che pone in evidenza che lo stile di vita dell’individuo nel suo rapporto con l’ambiente è conflittuale e che la persona non gestisce correttamente tale conflitto. Anche in questo caso l’anamnesi deve evidenziare gli elementi causali per fornire psicoterapeuticamente gli strumenti per correggere il sistema interattivo in atto.

E’ la prevenzione che deve essere attuata nella fase in cui l’individuo entra in “stress” per evitare all’organismo il superamento della soglia della compensazione. La psicoterapia può ottenere grandi risultati soprattutto nella fase preventiva. Quando si sono instaurati stati patologici l’intervento diventa difficile, poiché nella maggior parte dei casi si ricorre più al medico organicista, il quale vede soltanto la colite, l’ulcera, la stipsi, ecc., senza comprendere che tali patologie sono secondarie a stati psichici causali. Così facendo si cerca la risoluzione del caso in un farmaco che difficilmente potrà essere efficace. Il farmaco certamente agisce sul sintomo, ma allo stesso tempo è necessario rimuovere l’elemento causale.

Nell’anno 2000 siamo tutti reduci da una “guerra tra competenze” e, mentre in America si è messo in atto il Decennio del Cervello, noi dobbiamo giorno per giorno rendere la psicologia la vera scienza dell’Uomo, poiché siamo in grado oggi di comprendere che l’Uomo in realtà vive nel suo cervello. Il cervello senza informazioni non ha nessun significato, per cui lo stato di benessere o di malessere, di salute o di “malattia”, di serenità o di angoscia derivano da quanto le informazioni che guidano il cervello umano nel suo sviluppo vengono armonicamente integrate per la crescita graduale di una coscienza che dia all’Uomo il ruolo di soggetto attivo all’interno della società, invece che dipendente dal caos informazionale che lo circonda.